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LAZIO: per 3500 studenti disabili il prossimo anno è a rischio

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MANCANZA DI FONDI PER IL SERVIZIO SCOLASTICO DI SPECIALISTICA

Press-IN anno VII / n. 1391

L'Agenzia di Redattore Sociale del 16-06-2015 Lazio, per 3.500 studenti disabili il prossimo anno e' "a rischio" Tagliate le province, non si sa chi gestirà l'assistenza specialistica. Una mamma: "Senza assistente, mio figlio passa il tempo a leccare le matite". De Crescenzo (Agci): "In 15 anni, da 300 a 3.500 studenti disabili alle superiori, grazie a questo servizio". ROMA. L’anno scolastico è da poco finito e già iniziano i problemi per il prossimo: a Roma, o meglio nel Lazio, pare che nessuno sappia cosa sarà dell’assistenza specialistica per gli studenti con disabilità degli istituti superiori. E non è un problema da poco, né di pochi: non da poco, perché si tratta di “un’esperienza ricchissima, che ha prodotto grandi miglioramenti nel livello di inclusione. E che ora rischia di essere annullata, con l’abolizione delle province”, spiega a Redattore Sociale Eugenio De Crescenzo, presidente di Agci Lazio (Associazione generale cooperative italiane). E non di pochi, “perché in 15 anni circa di servizio, il numero di studenti disabili che frequentano gli istituti superiori è passato da circa 300 a 3.500”. E tanti sono gli studenti – e le famiglie – che il prossimo anno rischiano di veder scomparire quelle figure professionali specializzate che, fino ad oggi, hanno favorito e sostenuto la loro piena partecipazione alla v ita scolastica. Il motivo: la provincia, che gestiva il servizio, non esiste più, la Città metropolitana non funziona ancora, i fondi non ci sono né si sa se ci saranno. Così, De Crescenzo ha lanciato l’allarme, inviando una lettera alle famiglie, alle scuole e ai vari referenti istituzionali: il presidente della regione Lazio Zingaretti, il responsabile della Città metropolitana e sindaco Marino, gli assessori regionale e comunale alle Politiche sociali, rispettivamente Visini e Danese e la delegata alle Politiche sociali per la Città metropolitana Gemma Azuni. “Apprendiamo con stupore che la ex Provincia di Roma, non intende dare seguito allo stanziamento annuale per l’assistenza specialistica – integrazione disabilità scolastica – si legge - Tale scelta, quale ne siano le motivazioni (di bilancio, o per la fase di riorganizzazione dell’ente in Città Metropolitana di Roma, o per l’incertezza della competenza), qualora si verificasse, metterebbe in angoscia circa 3.500 famiglie e chiuderebbe una delle esperienze più significative presenti in Italia di integrazione e socializzazione della disabilità”. De Crescenzo chiede quindi “un immediato ripensamento”, sollecitando “’attivazione di un tavolo di condivisione con le scuole, le famiglie, gli operatori sociali per la verifica delle difficoltà e la ricerca di soluzioni, la stabilizzazione delle regole del servizio e una pianificazione certa dello stesso”. L’ultimo aggiornamento, che risale a qualche giorno fa, riguarda “un’indiscrezione della regione – ci riferisce De Crescenzo – che avrebbe assicurato i fondi fino a dicembre. Parliamo dei primi tre mesi di scuola! – commenta De Crescenzo – E dopo, cosa accadrà? Per ora, nessuno sa dircelo”. Certo che i fondi, in tutta questa storia, rappresentano un elemento fondamentale, seppur non sufficiente: “Il servizio era in parte a carico della provincia, in parte della regione – ci spiega De Crescenzo – Ora, i fondi delle province sono stati tagliati: teoricamente, questo taglio di fondi doveva andare di pari passo con il riassorbimento del personale, che però non c’è stato: i dipendenti della provincia, di fatto, sono tutti al loro posto. Così, il direttore generale ha dovuto tagliare i servizi: tra cui questo, fondamentale per 3.500 famiglie”. Come conferma Maria, la mamma di Luca: “Mio figlio, per esempio, benefica del servizio ‘Comunicazione alla voce’ , una metodologia d’istruzione che ha bisogno di personale specializzato e senza cui non sarebbe in grado di seguire le lezioni. Prima che fosse affiancato da questi operatori specializzati, mio figlio passava il tempo in classe leccando le matite. Il solo pensiero che questa possibilità venga meno mi riempie di angoscia – continua – Chiedo quindi che qualcuno prenda in mano la situazione, nell’interesse di migliaia di famiglie come la mia. Non è possibile che, per ogni nostro diritto, dobbiamo puntare i piedi, salire sule barricate, attaccarsi al telefono e fare il lavoro che dovrebbe fare chi, invece, evidentemente se la sta prendendo comoda”. (cl)

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